Ciao Amici della pesca,
sono un appassionato di pesca dalla barca, e grazie a questo blog vorrei condividere le mie esperienze con voi lettori...............
Presento subito il mio pezzo forte e cioè la "pesca a traina" con la cattura numero 1 direi ovvero il dentice.....................buona lettura
Il dentice ha caratteristiche strutturali simili agli altri pesci della famiglia degli sparidi, ma per quanto riguarda ambiente e comportamenti fa storia a sé. Vediamone gli aspetti di maggiore rilevanza che possono farlo conoscere ai meno esperti.
E' il più grosso rappresentante della sua famiglia potendo raggiungere ed anche superare, sebbene in via assolutamente eccezionale, il peso di 15 chili;
deve il suo nome ai quattro pronunciati denti canini rivolti all'indietro dei quali si serve per afferrare al volo le prede di cui si ciba;
come quasi tutti i pesci ha un innato istinto gregario; ma di regola i branchi non sono composti da un nu-mero ec-cessivo di esemplari, specie quando la taglia comincia ad aumentare;
è presente, sembra in via esclusiva, nelle acque mediterranee caratterizzate dalle condizioni tipologiche subito appresso indicate;
vive d'abitudine sul fondo: normalmente a 12-35 metri nella stagione più temperata, a 60-80 metri nella stagione fredda; può pertanto considerarsi un pesce costiero o semicostiero;
il suo habitat consueto è costituito da formazioni rocciose con dislivelli non necessariamente accentuati, meglio se prossime a praterie di posidonia;
solo raramente, e soprattutto nei periodi della buona stagione, si stacca dal fondo in branchi che per l'occasione risultano sempre numerosi e forma il cosiddetto "montone", non si sa se per cibarsi di pescetti che stazionano più in alto, ovvero per esigenze connesse al ciclo riproduttivo;
è catturabile in traina principalmente nelle acque limpide e pulite delle isole maggiori e minori (eccellenti quelle della Sardegna) nonché nella fascia litoranea continentale ove si incontrano coste precipiti e/o secche di una certa consistenza; penalizzati pertanto in partenza i bacini centro-settentrionali dell'Adriatico occidentale;
è carnivoro e si nutre di organismi di piccola e media taglia che stazionano sul fondo o che, incautamente, vi si avvicinano: menole, tanute, castagnole, occhiate, fragolini, aguglie, costardelle, sugarelli, ecc.; è ghiottissimo di triglie, calamari e cefalopodi in genere;
il suo sistema di caccia è essenzialmente basato sull'agguato: si nasconde dietro scogli, cigliate, rilievi, barriere algacee e, non appena la preda transita nelle immediate vicinanze, fa uno scatto fulmineo per addentarla; di solito, se l'attacco non riesce, tutto finisce lì, in quanto la tecnica dell'inseguimento non gli è congeniale;
possiede in misura notevole uno spiccato senso di territorialità, tale da indurlo non di rado a "fiondarsi" sugli esseri estranei che scorge nella sua zona allo scopo di allontanarli, magari solo a spinte (alias "a musate"); ciò trova conferma nel fatto non infrequente che resta allamato con parti esterne del corpo alle esche trainate, specialmente se artificiali munite di ancorette multiple;
a differenza del praio, con il quale viene spesso confuso, attacca volentieri le esche trainate; ma, a seconda delle stagioni, ora preferisce quelle naturali, quasi sempre vive, ora invece si fa incantare solo da quelle artificiali;
è stato recentemente riconosciuto dall'IGFA come pesce sportivo suscettibile di record per classi di lenza fino alle 20 libbre;
le sue carni, dulcis in fundo, sono ricercatissime dai buongustai. I tempi e i luoghi della trainaSulla base delle nozioni appena esposte, dovremmo esserci già fatta un'idea sulla pesca e sulle relative modalità. Occorre però scendere nel merito. Cominciamo con i tempi e con i luoghi.E' ovvio che il periodo più proficuo per la traina è quello che va dalla tarda primavera all'autunno inoltrato, quando cioè il nostro dentuto antagonista si porta su fondali non superiori ai 30-35 metri ove non è difficile far scendere le esche rimorchiate. Infatti, il primo problema che ci si presenta è proprio quello di far lavorare queste esche nella zona preferenziale, ossia quasi a contatto con il fondo; fra poco affronteremo l'argomento affondatori di lenza. Non è però da escludere la possibilità di realizzare catture anche in inverno, specie all'inizio di questa stagione quando le acque non sono ancora divenute gelide. Sempre in tema di tempi, giova precisare che, nell'ambito dei periodi stagionali sopraindicati, gli orari propizi sono quelli prossimi al sorgere e al tramonto del sole e, spesso molto di più, quelli dello zenit pieno; il che ha una spiegazione logica: con il sole a picco o quasi il dentice - che come abbiamo visto staziona "raso terra" - ha la possibilità di scorgere meglio le esche che gli passano sopra. Circa i luoghi è evidente che i migliori ai fini della traina sono costituiti dai fondali rocciosi compresi fra i 15 ed i 35 metri, con frequenti variazioni di quota. Questi salti sono buoni anche se di non rilevante entità; ciò è dimostrato dal fatto che le abboccate, di solito più frequenti sui bordi o sui cigli delle secche, non mancano (o addirittura qualche volta sono più frequenti) sui pianori ampi ed estesi che costituiscono il "cappello" delle secche stesse; questo però solo nel caso che su detti pianori vi siano posti adatti all'agguato come buche, rilievi, anfratti con dislivelli anche inferiori al metro. Resta comunque confermato che, a prescindere dalle accennate variazioni limitate di quota, le possibilità migliori le avremo nel momento in cui le nostre esche transiteranno in uscita, ma soprattutto in entrata, sui bordi esterni delle secche costiere o semicostiere. Per i dentici, come del resto per tutti gli altri predatori, vi sono, nelle singole zone marittime adatte, punti più o meno circoscritti nei quali, nel corso degli anni, le catture sono costantemente più probabili che altrove.
dott. Stella
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